Premesse
Negli ultimi 20 anni il quadro macroeconomico italiano si è progressivamente deteriorato.
Gli elementi di debolezza strutturale del paese (divario tra Nord e Sud, illegalità diffusa e senso generalizzato di impunità, elevato debito pubblico) sono stati ulteriormente aggravati dalla crisi economica globale.
Nonostante la congiuntura positiva degli ultimi anni, resa possibile dalle politiche espansive della BCE, l’Italia non ha saputo approfittare dei tassi favorevoli di rifinanziamento del debito ed i livelli di produttività sono ancora fermi a quelli di inizio Millennio.
Il ritardo accumulato e la crisi connessa al consistente debito pubblico via via accumulato non possono più essere affrontati con strumenti e politiche convenzionali. Per imprimere una svolta e un’accelerazione decisa che possa salvare l’Italia da un potenziale rischio di default, peraltro con pesanti ripercussioni su tutta l’Unione Europea, è necessario un intervento strutturale, mirato a rendere lo Stato uno strumento efficiente e in grado di gestire un quadro sempre più complesso e sempre meno fronteggiabile in difetto di imprescindibile competenza e di doveroso approfondimento.
Una riforma strutturale di tale portata non può che compendiarsi in un intervento sulla Carta costituzionale che – preservandone l’impianto di fondo siccome mirabilmente disegnato dai nostri Padri costituenti - proponga un assetto dello Stato repubblicano aggiornato e in qualche modo “innovato”: il riferimento va in particolare alla Parte II della Carta ed all’articolazione dello Stato in essa riassunta, una ponderata riformulazione della quale potrebbe consentire all’Italia di riguadagnare il tempo perduto il lunghi lustri di mancate riforme e di connessa perdita di competitività del Sistema Paese.
Muovendo da questa premessa, ed in considerazione dei plurimi tentativi di riforma costituzionale del recente passato – l’ultimo dei quali, peraltro di amplissima portata, fallito drammaticamente il 4 dicembre 2016 – l’unica strada realisticamente percorribile si palesa quella di una novella Assemblea costituente, secondo le coordinate che si vanno brevemente ad illustrare.
Costituzione e modalità operative dell’Assemblea costituente
Dato per acquisito come il nuovo assetto costituzionale debba far invalere in misura consistente il principio di competenza, ne costituisce un corollario la selezione degli stessi membri dell’Assemblea costituente innervata da tale principio, palesandosi in primo luogo fondamentale la riscontrata presenza in ciascuno di essi di requisiti minimi di qualificazione tecnica, massimamente in ambito economico e giuridico.
A differenza di quanto avvenne nel dopoguerra, occorre poi conciliare il canone democratico con la meritocrazia, sapientemente dosando la percentuale di componenti “nominata” con un’altra percentuale “eletta” dal Popolo sovrano, peraltro sempre tra candidati tutti muniti di qualificazioni economiche e giuridiche di elevata consistenza, in tal modo valorizzando ad un tempo il principio di competenza con quello di rappresentanza.
Dal punto di vista formale, un’Assemblea costituente non può che essere prevista da una legge costituzionale che ne disciplini rispettivamente, pro quota, l’elezione e la nomina dei relativi componenti; tale legge costituzionale, ritualmente votata ed approvata dal Parlamento, dovrebbe normarne succintamente i lavori, l’esito dei quali dovrebbe poi assumersi impugnabile, entro un breve termine di decadenza, innanzi ad un Organo imparziale garante della Costituzione, ovvero la Corte costituzionale.
Esclusa espressamente la possibilità di incidere sui Principi fondamentali della Carta (articoli da 1 a 12), la legge costituzionale dovrebbe prevedere quale campo d’azione dell’Assemblea costituente soprattutto la Parte II concernente l’architettura istituzionale del Paese, con possibile potere di lambire chirurgicamente, in ottica di precisazione e/o di aggiornamento, talune norme della Parte I sui diritti e doveri, in ogni caso secondo i principi ed i criteri direttivi scolpiti nella medesima legge costituzionale.
Lavoro dell’Assemblea costituente
L’Assemblea costituente dovrebbe, nell’ottica del disegno di un nuovo assetto istituzionale, concentrarsi in particolare su taluni temi di fondamentale importanza per il rilancio del Paese, alcuni dei quali si ritiene possano qui di seguito essere riassunti senza tuttavia pretesa di esaustività.
Il primo di essi va senz’altro sotto il nome di “meritocrazia”: non dovrebbe darsi Organo dello Stato nel quale, dal punto di vista delle persone fisiche che lo compendiano, il principio di rappresentanza non venga adeguatamente ponderato con quello di competenza, stante la necessità di operare scelte consapevoli nell’interesse nazionale in un quadro complesso di rapporti con l’Unione Europea e l’ordinamento internazionale ed in un contesto generale di complessità tale da imporre che non residui alcuno spazio ad inadeguatezza, impreparazione e pressapochismo. Su questo crinale, dovrebbe essere prevista anche qualche apposita figura di garanzia, capace di controllare che il principio meritocratico venga costantemente osservato e mai negletto.
Ad un tempo, vanno prudentemente potenziati taluni strumenti di e-democracy che consentano a ciascun cittadino di partecipare alla vita pubblica in modo più intenso e convinto, senza nondimeno giocoforza abbandonare le scelte fondamentali per la Nazione alla “pancia” dell’elettorato; un esempio potrebbe essere costituito da una più frequente forma di consultazione pubblica del popolo sovrano (con effetti adeguatamente normati e mai giuridicamente vincolanti per lo Stato, che laddove si discosti dovrebbe tuttavia essere chiamato ad adeguatamente motivare) giusta circuiti informatici certificati ed accreditati, tali da consentire una maggiore partecipazione di tutti e di ciascuno senza necessità di aderire ad un partito politico ed alle scelte di fondo ad esso riconducibili (stante anche il tramonto delle ideologie cui si assiste, e che rende talvolta difficile schierarsi risolutamente “a destra” o risolutamente “a sinistra”).
Ancora, va confermata la imprescindibile necessità di un sistema di c.d. “checks & balances”, da rendersi tuttavia maggiormente spedito ed efficiente massime per quanto concerne i delicati rapporti tra Parlamento e Governo, in un contesto complessivo nel quale i provvedimenti normativi vedano la luce in tempi meditati e assieme rapidi, stante l’elevata competenza di chi, da una parte e dall’altra, vi lavora speditamente senza che l’ostruzionismo politico, strumentalmente inteso, trasfiguri in inefficienza del sistema.
Anche la giustizia ed il sistema giudiziario vanno efficientati, coniugando l’imprescindibile indipendenza della Magistratura con sapienti forme di c.d. accountability, giusta accelerazione dei processi (senza ovviamente giungere a renderli sommari) e limitando solo a taluni casi (quelli che investono interessi, maggiormente pregnanti, di rango costituzionale) l’accesso al terzo grado di giudizio, oltre che eventualmente ripensando la stessa separazione delle carriere, anche sulla scorta di uno sguardo comparatistico rispetto ad altri ordinamenti.
In ottica territoriale, va infine privilegiato il decentramento statale rispetto all’autonomia locale (art.5 Cost.), pur senza comprimere eccessivamente quest’ultima, in un quadro complessivo di coerenza operativa nel cui contesto gli Uffici dello Stato sul territorio (segnatamente, le Prefetture) assicurino costantemente il raccordo con gli Enti locali al fine di velocizzare le scelte centrali armonizzandole, per quanto possibile, con le esigenze specifiche di ciascuna zona di riferimento del Paese. In questo prisma, lo stesso assetto regionale attuale dovrebbe essere ripensato, con particolare riferimento alla opportunità di mantenere in vita, dal punto di vista del peculiare assetto normativo che attualmente le connota, le Regioni a Statuto speciale.
Considerazioni finali
Proprio lo sguardo comparatistico cui si faceva specifico cenno supra, declinato massime con riguardo all’assetto istituzionale dei principali Stati democratici, sospinge verso un sistema di tipo presidenziale nel quale – pur restando centrale il ruolo del Parlamento – sia riservato al Governo e a chi lo presiede un più ampio margine di scelta, temperato nondimeno proprio dal principio di accountability e di necessaria responsabilità per gli eventuali errori commessi, secondo un canone che potrebbe essere riassunto con “sei competente: decidi nell’interesse degli elettori e sii responsabile delle tue scelte”.
Da questo punto di vista, una maggiore agilità istituzionale potrebbe essere garantita – se non direttamente da un sistema di tipo monocamerale – quantomeno da accorgimenti procedurali nel settore della produzione normativa che chiamino a pronunciarsi entrambi i rami del Parlamento – in ogni caso, con scansione contingentata dei tempi - solo laddove ciò sia imposto dall’importanza delle norme da approvare (come ad esempio nei casi, citati dal vigente art.75 della Costituzione per sottrarli al referendum abrogativo, delle leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, ovvero di autorizzazione a ratificare trattati internazionali).
Solo coniugando in modo prudente e sapiente il principio di rappresentatività e dunque di sovranità popolare con quello meritocratico di competenza è possibile affrontare le sfide dell’efficienza, dell’efficacia e della competitività che il mondo contemporaneo, globale ed interconnesso, sottopone all’Italia come a tutti gli altri Paesi dello scacchiere europeo e mondiale
Da questo punto di vista, il lavoro dell’Assemblea costituente del XXI secolo – e, prima ancora, il varo della legge costituzionale che la prevede e disciplina - dovrebbero essere preceduti da un fecondo (ma non infinito…) dibattito capace di coinvolgere la comunità scientifica, i tecnici e i cittadini in un connubio di partecipazione e spinta al cambiamento per la cui propulsione resta decisamente fondamentale ed a tratti imprescindibile l’opera dei corpi intermedi (Università, Associazioni, soggetti aggregatori e così via).
Auspichiamo che il ruolo ineludibile dei media diventi il perno di questo dibattito, siccome ormai improcrastinabile stante la velocità con la quale procede l’incessante avvicendarsi degli eventi e le ricadute economiche ad essi avvinte.
Giulio Bacosi
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