Oggi è 6 aprile.
Undici anni or sono, il 6 aprile 2009, ci siamo svegliati con una delle nostre più belle città sfigurata da un pauroso terremoto: a L’Aquila, tante giovani vite inermi strappateci di colpo dal “mostro” tellurico.
In molti continuano a interrogarsi sul se, e fino a che punto, il relativo incombere potesse essere in qualche modo prevedibile, quale drammatico epilogo di uno sciame sismico che aveva mosso i suoi primi passi nei mesi che immediatamente lo precedettero.
L’Aquila, ferita mortalmente, è tuttora in gran parte agonizzante e la domanda che dobbiamo farci – non senza aver ringraziato il Sistema di Protezione Civile (in prima linea oggi come allora) e chi ebbe ad inventarlo - è in realtà quanta capacità noi tutti abbiamo di ricordare i fatti, di imprimerceli nella mente.
Sappiamo – ad esempio - correre lestamente ai ripari, rispondendo alla necessità di scongiurare pericolose infiltrazioni criminali nel nostro tessuto economico con una burocrazia che sappia essere agile quanto basta per controllare bene senza bloccare tutto?
La lezione del sisma aquilano, ad impararla bene, dovrebbe suggerirci qualcosa per quanto ci attende in ottica di imprescindibile (e formidabile) rilancio economico, a valle di quel devastante “terremoto” - epidemico stavolta – che tutti conosciamo come “Coronavirus”.
Memento semper: poche Regole chiare ci salveranno tutti.
Ascolta Giulio Bacosi (ai microfoni dell'Agenzia ItaliaStampa)
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